c4b9451a980ddf1a76a9e770d4911b2da7c8ad02

Comunità OFM Convento Eremo S. Felice - Cologna Veneta (VR)

Eremo San Felice

IV Domenica di Avvento Anno A

2025-12-20 16:45

Array() no author 83494

Riflessioni,

21 dicembre 2025 Is 7,10-14   Sal 23   Rm 1,1-7   Mt 1,18-24 GIUSEPPE, NON TEMERE! Matteo inizia il suo vangelo con l’espressione “libro della genesi

21 dicembre 2025

 

Is 7,10-14   Sal 23   Rm 1,1-7   Mt 1,18-24

 

GIUSEPPE, DECIDI!

 

Matteo inizia il suo vangelo con l’espressione “libro della genesi di Gesù Cristo” (Mt 1,1) e introducendo il racconto parlando della genesi di Gesù presenta il nuovo inizio della storia d’Israele costituito dalla persona di Gesù, l’uomo nuovo.

Nei primi diciassette versetti di Matteo1 troviamo una lunga genealogia (calcolata secondo tre generazioni di quattordici patriarchi l’una e segnata dalle figure di Abramo e di Davide): essa collega la storia dell’alleanza da Abramo a Cristo con un filo rosso, elencando le figure che hanno assunto un ruolo importante nella tradizione d’Israele, ma anche figure di non ebrei, per mostrare come Dio abbia posto all’interno della discendenza di Abramo e Davide uomini e donne scelte secondo il suo progetto di amore. “Tutte le generazioni” contrassegnate dal numero 14, che si ripete, culminano con Gesù Cristo, che è la pienezza. Una fra le interpretazioni possibili di questo simbolismo numerico è quella per cui 14x3=42=6x7 il che indicherebbe sei volte sette (come le settimane apocalittiche). Moltiplicando per il sei sette settimane meno una (il sei indica l’incompletezza), per cui nel Cristo che nasce è alluso il settimo elemento mancante che porta pienezza, ed al completamento il tempo, cioè la storia dell’uomo!

La genealogia culmina inoltre con Giuseppe “sposo di Maria” presentata come colei “dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo” (v. 16). L’evento dell’incarnazione è presentato come opera dello Spirito Santo (si trovò incinta per opera dello Spirito Santo v.18). Matteo non parla (come Luca) dell’annunciazione a Maria, ma presenta Maria, promessa sposa di Giuseppe, già in attesa del Figlio. Matteo fa risaltare bene la figura di Giuseppe (Jôseph è un termine che significa: Dio rende fecondo), la cui risposta fedele diviene modello ed esempio dell’uomo giusto (v.19) che, docile ed aperto al volere di Dio, vive con autenticità esistenziale l’annuncio di salvezza. Diversi elementi avvicinano Giuseppe, al Giuseppe figlio di Giacobbe di cui parla il Genesi nei capitoli 37-50.

Il nostro Giuseppe “sposo di Maria” deve lottare per entrare nei progetti di Dio: vive il turbamento - combattimento tra il pensiero di ripudiare Maria secondo la legge, e quello invece di accoglierla, secondo il suo cuore. Si tratta d’una scelta difficile: il suo conflitto di coscienza viene risolto infine grazie all’intervento dell’angelo al v.20, vediamolo più da vicino.

Giuseppe, figlio di Davide” (v.20). Giuseppe è così collegato a Davide: l’uomo giusto deve sempre scoprire nella sua vita il progetto che Dio ha per lui, per questo occorre collocarsi, come Giuseppe, all’interno d’un flusso storico, per lasciarsi guidare da Dio…

Non temere” (v.20). Tale espressione si ripete sovente lungo la storia di Israele: con essa Dio invita ad affidarsi completamente, cioè con piena fiducia, al suo amore. La virtù della “giustizia” tipica degli uomini (e donne) di Dio si basa sul dono della fede (“il giusto vivrà per la sua fede” Ab 2,4).

Di prendere con te Maria tua sposa”. Giuseppe riceve con chiarezza la chiamata ad agire, a decidersi, a non rimanere più a pensare e riflettere ma a scegliere, prendere posizione decidersi. La chiamata, molto concreta, è a prendere con sé Maria e il bambino; con essa Giuseppe è invitato a fidarsi ad entrare nel progetto di Dio, decidendosi, mettendo la sua firma, muovendo le sue braccia e le sue gambe…

“Infatti, il bambino che è generato in lei “viene dallo Spirito Santo” (v. 20)

Tale genesi-generazione del bambino concepito nel grembo di Maria dimostra una volta di più come l’amore vero sia sempre “storia di Dio”.

Lo chiamerai Gesù, Egli, infatti, salverà il suo popolo dai suoi peccati” (v.21). Si tratta di un altro invito ad agire senza esitazioni, che risponde alla domanda chi sarà questo bimbo? Gesù è nome rivelativo d’una missione che è “salvare…” . Giuseppe, quindi, ricevendo il compito di dare il nome, deve svolgere un ruolo paterno concreto. Deve fare da padre senza esserlo davvero…ma la sua paternità spirituale permette a Dio di entrare nella storia. Come Maria, Giuseppe è chiamato a fidarsi di Dio ed a porsi totalmente al suo servizio obbedendo con fiducia alla Parola. Nelle parole dell’angelo è contenuta una chiamata: Giuseppe mantiene il silenzio del cuore, ascolta ed accoglie con mitezza queste parole, entra misticamente nel senso misterioso del messaggio ed ora deve scegliere, prendere posizione!

Perché si compisse ciò che era stato detto…” (vv. 22-23). Questo evento non si realizza casualmente, ma è dentro il cono di luce di questa antica profezia che trova “compimento”: Gesù è l’Emmanuele già profetizzato da Is 7,14 mentre Maria, sua madre, è la vergine che concepisce e partorisce il Dio-con-noi. Vi è un disegno misterioso che Dio porta ora a compimento, realizzando le antiche promesse fatte un tempo ad Israele: Dio è fedele, ed entra nella storia per portarvi salvezza!

Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo (v.24)

Giuseppe quando “si desta dal sonno” obbedisce: accoglie Maria come sua sposa che dà alla luce il bambino pur essendo vergine, senza concorso umano. Matteo è scarno: non si attarda in descrizioni (come Luca che ci parla ad esempio del censimento romano), si limita a sottolineare l’obbedienza profonda di Giuseppe, e la sua prontezza nell’eseguire ed a fare… (“Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo” v.24) così come d’altronde, analogamente anche Maria.

 

La nascita del Figlio di Dio è presentata da Matteo come evento semplice e povero: il Signore entra nel tempo umilmente, attraverso una famiglia semplice e povera, quella di Giuseppe e Maria; Gesù nasce per opera dello Spirito Santo, con la mediazione di due piccole figure (Giuseppe uomo pio e giusto e Maria, madre silenziosa nella fede); tutto avviene nel nascondimento d’un villaggio marginale, Betlemme.

Siamo introdotti in una storia d’amore intrisa di semplicità e fede:

 -i nomi indicati dalla lunga lista genealogica (vv.1-17) ci aiutavano a leggere la storia d’Israele in luce profetica: Dio ha voluto costruire lungo la storia una «storia di salvezza».

-Gesù è venuto per salvare il suo popolo dai suoi peccati (v. 21), Dio nasce in mezzo agli uomini per portare la salvezza.

Il progetto di Dio ha bisogno del «si» dell’uomo.

 La figura di Giuseppe ne costituisce straordinaria testimonianza. Giuseppe è di fronte ad un dilemma che appare senza soluzione. Si ripete la parola dell’angelo a Maria in Lc 1,30: nulla è impossibile di fronte a Dio! Lo sposo di Maria risponde con fede al progetto di Dio. Giustizia e fede non sono contrapposti, ma uniti nel «sì» di Giuseppe!

«Non temere»: “non temere” era l’invito di Dio rivolto ai grandi personaggi della Bibbia: Abramo, Mosè, Samuele, Davide, Isaia, Geremia, Ezechiele, Maria di Nazaret: Giuseppe sentendo ora anche lui quest’invito sa accogliere nella speranza la Madre con suo Figlio. Credendo nell’azione di Dio e dello Spirito compie la sua giustizia nella fede, si abbandona alla provvidenza del Padre e questo gli consente di «diventare padre». Vive fino in fondo la paternità spirituale donando sé stesso per amore.

 

Gesù è l’Emmanuele, il Dio con noi (cf. Is 7,14).  Matteo sottolinea la “pienezza della Scrittura”. La promessa fatta da Dio al tempo di Isaia viene realizzata ora nella nascita di Gesù: in tal modo la storia del Primo Testamento acquista senso proprio a partire da quella del Secondo Testamento, cioè di Giuseppe, Maria e Gesù. Il bambino, nato per opera dello Spirito Santo, è Dio-con-noi. Con Lui è giunto il momento del sì di Dio: Dio non abbandona il suo popolo, ma si mostra fedele alle sue promesse. Il Natale del Signore è la «pienezza della fedeltà di Dio»!

 

Alla fine del tempo di Avvento troviamo questo messaggio evangelico che è insieme testimonianza ed invito alla capacità di prendere posizione e deciderci… Prima domenica vigilate, fate attenzione, seconda domenica siate intelligenti, leggete in profondità le cose, terza domenica: fate una vostra valutazione (ratio = valutazione, giudizio, perché dopo aver compreso -intelligenza- occorre saper valutare -ragionevolezza-), oggi quarta domenica: prendete posizione, decidete, scegliete…. (prendete una decisione con la vostra forza di volontà).

Forse comprendiamo ora meglio cosa significhi attendere: cosa vuol dire attendere? Rallentare? Fermarsi? Tergiversare? Sperare? L’Avvento potrebbe essere una buona occasione per ri-educarci alla sapienza di un’attesa sapiente che ci prepari al coraggio di decidere senza tergiversazioni ed incertezze, ma con fiducia ed abbandono alla volontà di Dio. 

Possiamo leggere la vita come un canto gregoriano: c’è un cantus firmus cioè una melodia di base, ma nella quale ognuno deve entrare con una sua nota personale, quando il canto fermo risuona con chiarezza ognuno potrà dispiegare il suo contrappunto personale col massimo vigore. L’identità personale non vive nell’impulsività di chi vive nell’immediatezza di scelte appunto impulsive, neppure però nella procrastinazione di chi assume il tergiversare, e l’evitamento delle decisioni come regola di vita… L’identità personale si costruisce nella resilienza che resiste alle avversità, si organizza attorno a significati esistenziali, sa formulare desideri che divengono progetti e che ha un futuro da avverare con speranza e fiducia…

Per questo attendere significa essere attenti, intelligenti, ragionevoli ed anche responsabili, cioè, capaci di decisioni assertive, cioè, attente, intelligenti, e ragionevoli….

Usciamo in questo modo dall’impasse di una cultura dell’immediato o di quella della tergiversazione. La cultura dell’immediato è quella senza mediazioni, sempre in cerca di scorciatoie ma che dà il senso d’un “saperci fare” come se nella vita esistessero scorciatoie! E’ rappresentata dalla tentazione d’arrivare subito-presto-in fretta alla meta o alla soluzione evitando cammini più lunghi, faticosi, a volte difficili. Ad esempio: sono andato tre volte a pregare per cui “sono un orante”, ho stabilito una relazione positiva per cui “ci so fare con la gente”, ho avuto un’esperienza intensa per cui “ho fatto una grossa decisione”. Potremmo continuare con gli esempi: la logica dell’immediatezza brucia in noi le nostre facoltà più profonde, legate al nostro sentire profondo, attento, intelligente, ragionevole, responsabile…

La cultura della procrastinazione è altrettanto negativa. In un tempo liquido come il nostro, irto d’incertezze sociali, istituzionali, economiche, politiche è diventato facile fermarsi, ma che forse è piuttosto un arenarsi-impantanarsi in un’incapacità di decidersi (in modo sufficientemente ragionevolmente e stabilizzato) di cui il mondo giovanile oggi è sovente drammatico specchio…

L’Avvento può divenire per noi una scuola d’assertività nella quale anche il tempo ha una sua funzione ed un suo valore prezioso: l’essere attento, intelligente, ragionevole, responsabile avviene infatti nel tempo, che pertanto devo imparare a vivere con sapienza per imparare ad affrontare bene ed aprirmi ai compiti che la vita mi affida. Se li affronto male o li evito entra in me un’ansia più o meno consapevole che guasta il mio senso di competenza, e diminuisce la fiducia in me stesso… Al contrario affrontandoli bene aumenta in me un senso di serena e generativa fiducia.

 

Per la riflessione:

- Le letture ci invitano ad entrare nella «storia della salvezza» attraverso l’obbedienza della fede: come la viviamo noi? Nei momenti delicati e difficili della nostra vita come ci regoliamo? Sappiamo rivolgerci al Signore coinvolgendolo nelle nostre scelte operative?

- Siamo capaci di decidere con sufficiente fiducia e fermezza dopo aver capito, valutato e soppesato le situazioni?

- La giustizia di Giuseppe è tutta in riferimento alla sua apertura al progetto di Dio: possiamo dire altrettanto anche noi? Le nostre decisioni, quando finalmente siamo in grado di prenderle, in quale misura esprimono anche una reale apertura al progetto di Dio per noi?

- Il Natale è soprattutto un evento di Dio, una sua azione: riusciamo a sentire l’azione di Dio e la sua presenza vicine a noi in modo da sentirci aiutati ed incoraggiati nelle nostre decisioni, e scelte concrete?

- Quali scelte esistenziali importanti abbiamo aperte, o socchiuse, davanti a noi in questo periodo? In cosa potremmo sentirci incoraggiati da Giuseppe e dal mistero che ci apprestiamo a celebrare in questi giorni?