Venerdì Santo

29 marzo 2024

Is 52,13- 53,12   Sal 30   Eb 4,14-16; 5,7-9   Gv 18,1- 19,42

CONTEMPLA!

Leggere la Passione del Vangelo di Giovanni nel giorno del Venerdì Santo è come attraversare un grande Tempio vuoto nel quale risuonano solo i passi del discepolo amato, che ci accompagna alla contemplazione del Mistero dell’Amore crocifisso. Contemplare è il verbo tipico del Venerdì Santo: uno stare in silenzio ai piedi del crocifisso, per lasciarsi evangelizzare dalla sua Passione.

La prima cosa di cui potremo così fare esperienza è che non siamo noi a conquistare la verità, ma è la verità che ci assimila a sé. Questo non significa venir esentati dalla fatica della ricerca, del conoscere ed interiorizzare: anzi è questa fatica che ci fa crescere e maturare. Se osserviamo i personaggi che appaiono nella Passione del Signore, i sommi sacerdoti, le guardie, i Romani, Pilato, la folla, Pietro ed i discepoli, Giuda, le donne, Maria la Madre di Gesù, Maria di Cleopa, Maria di Magdala, il discepolo amato, Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo, e ci chiediamo come si pongono riguardo all’indicazione appena data, comprenderemo con chiarezza cosa significhi lasciarsi assorbire dalla verità. Per comprendere poi come progredire in questa appropriazione S. Giovanni ci fornisce due chiavi: la prima è al capitolo 13, la seconda al capitolo 18.

La prima chiave è l’espressione: li amò sino alla fine (13,1), li amò cioè fin dentro le tenebre del mondo, con un amore diverso da quello conosciuto dal mondo. Gesù è radicale: amare sino alla fine significa amare anche quando si è odiati, senza lasciarsi prendere dalle spire dell’odio. Gesù anche durante il processo prega, ama, perdona. Guardando Lui, immedesimandoci al suo dolore che non tiene nascosto, intravvediamo qualcosa dell’amore di Dio per gli uomini.

Il calice che il Padre mi ha dato non dovrò berlo? (18,11). La testimonianza di Gesù riguarda il modo con cui prende e beve il calice: lo fa con un cuore dilatato, colmo d’amore. Quale diversità con noi che invece il calice amaro, quando arriva, lo buttiamo giù con risentimento, insofferenza, e tanti sentimenti di rivalsa. Il gesto di bere il calice , visto dall’esterno, sembra uguale ma è invece del tutto diverso: per poter dire che una sofferenza è veramente una croce, dovremmo prima verificare se il modo con cui la viviamo tenta almeno di avvicinarsi al cuore di Gesù.

Dovremmo essere anche attenti al modo con cui utilizziamo la locuzione “fare la volontà di Dio” ! Cosa voleva davvero il Padre? Non voleva certamente che i sommi sacerdoti, i capi, Giuda, i romani uccidessero Gesù! L’amore di Gesù verso il Padre, nella sofferenza e nel travaglio delle avversità, non volute dal Padre suo, non è venuto meno, si è intensificato, si è arricchito di confidenza, di fiducia, di obbedienza, di dedizione, di fedeltà.


Domande per continuare la riflessione

- Cosa vuol dire per me stare in silenzio davanti al Crocifisso?

- Come parla al mio cuore il modo con cui Gesù prende dalle mani del Padre il suo calice?