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Comunità OFM Convento Eremo S. Felice - Cologna Veneta (VR)

Eremo San Felice

VI Domenica del Tempo Ordinario Anno C

2025-02-15 20:15

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Riflessioni,

VI Domenica del Tempo Ordinario Anno C

16 febbraio 2025




Ger 17,5-8   Sal 1   1Cor 15,12.16-20   Lc 6,17.20-26


FIUMI D'ACQUA VIVA, IN  ME


L’epistola di Paolo che abitualmente valorizziamo per la sua dimensione attualizzante, in questa domenica ci dona la luce necessaria per comprendere  il singolare messaggio evangelico delle beatitudini. Mi riferisco alla proclamazione “Cristo è risorto dai morti!” della 1Cor 15,20,  che è parte integrante e vitale del kerygma evangelico, cioè del cuore incandescente dell’annuncio cristiano, e che alimenta la fiamma della nostra speranza! Se Cristo non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede, vuota la nostra speranza. Se Cristo non fosse risorto noi saremmo ancora immersi nei nostri peccati, e nelle loro conseguenze…sono questi gli insegnamenti che troviamo oggi nella prima lettera ai Corinti (1Cor 15,16-19).



Ascoltando Paolo impariamo come la risurrezione di Cristo non sia solo il fondamento della nostra speranza futura, ma sia una realtà che trasforma già da ora la nostra vita attuale. Grazie alla Risurrezione di Cristo, infatti, noi siamo già ora, qui e adesso, liberi dal vassallaggio cui ci tengono legati il peccato e la morte. Noi siamo sotto la signoria del Risorto il quale ci ha liberati e ci libera dalle devastanti conseguenze che il male e la morte hanno su di noi.



Alla luce dell’annuncio pasquale possiamo provare (almeno intuitivamente) ad entrare nel sorprendente messaggio evangelico secondo il quale la gioia risiede in ciò che temiamo di più: nella povertà, nell’afflizione, nel venire respinti, umiliati e, come se non bastasse, addirittura insultati ed odiati a causa del suo nome. Nessuno mai sperimenta benessere né si rallegra quando gli accade qualcosa del genere, quando gli altri manifestano una bassa opinione di lui, o quando lo rifiutano socialmente, o quando gli accade una sventura... Come comprendere allora quello che ci sta qui insegnando il Signore Gesù? 



Il Signore ha appena chiamato a sé i dodici ma, prima di inviarli a predicare, li chiama ad ascoltare e ad imparare, come tutti.



Li chiama ad ascoltare quanto dovranno poi insegnare; dovranno infatti insegnare le parole di Gesù e non le loro, i sentimenti di Gesù e non i loro! Dunque Gesù sta insegnando, e per farlo inizia dalla domanda fondamentale: in che consiste la tua gioia? E’ la domanda che Gesù rivolge anche a noi questa domenica: in che consiste la nostra gioia? Dove o in che cosa la cerchiamo? Secondo il mondo consiste nel possedere, nell’essere famosi, ed infine nell’avere molto potere.. Non così per Gesù! La pagina odierna è un invito radicale a convertire questo desiderio d’essere felici così egocentrico ed asfittico.  



Essere felici, insegna Gesù, significa invece sperimentare la mancanza, la privazione. Luca è anzi più dettagliato e parla di povertà, fame, lacrime, emarginazione, disprezzo, odio, insulti e calunnie… Com'è possibile essere invitati alla gioia in questi momenti ed esperienze così devastanti ?



La spiegazione va cercata nell’esperienza di Dio alla quale Gesù intende aprire i discepoli. La fame, la povertà, il pianto, l’emarginazione sociale, la persecuzione sono tutte situazioni di mancanza, di deprivazione, in cui, avendo perso la nostra autosufficienza siamo costretti ad aprirci a Dio…. La prospettiva di Gesù non è davvero convenzionale. Infatti è come se dicesse: nelle tue fragilità, povertà, fallimenti, debolezze sei beato / beata perché non cerchi la felicità nella tua riuscita o nelle tue forze. E’ invece nelle situazioni in cui diventi acutamente consapevole, sulla tua pelle, e nella tua carne, della tua situazione di radicale fragilità, debolezza, deprivazione umana, che potrai sperimentare la tua vicinanza al cuore di Dio. Se tu invece ti senti soddisfatto, potente, povero te! Non avresti più nulla da attendere, avresti già tutto e al massimo solo la paura di perderlo, dopo di che giocheresti tutta la tua vita arroccato in difesa. Invece proprio nell’insufficienza, nella mancanza, nella fame, nelle lacrime sperimenti gioia perché nella tua carenza fai spazio alla speranza, all’attesa ed all’ascolto di Dio, alla ricerca di senso, alla coltivazione del desiderio. Questo ti aprirà all’ascolto della vita, non solo, e ti spingerà a far spazio all’azione di Dio in te e quindi alla novità ed al cambiamento…Guai quando nella tua vita tutto è già codificato, tutto è già precisato e presente, infatti lì non c’è più spazio per desiderare, sognare, rinnovarsi… 



Come si vede, la prospettiva delle beatitudini a cui Gesù ci apre è davvero lontana dall’abituale modo auto-conservativo di valutare cose e situazioni. La prospettiva di Gesù non può godere il favore del mondo. Secondo il mondo è incomprensibile essere felici quando si viene criticati, respinti, quando si diventa impopolari, poveri, o rifiutati….  



La beatitudine evangelica è lasciare a Dio l’iniziativa, restare aperti a Dio come degli affamati, cioè in vivo contatto con le nostre carenze, difficoltà, sofferenze, lì dove siamo, cercando d’accettare la nostra vita così com’è, con le sue povertà, offrendola al Signore e confidando in Lui. Accettare le nostre carenze non significa dimettersi dalla vita, ma farsene carico cercando di svolgere al meglio ciò che dobbiamo fare, spegnendo le nostre aspettative di successo, e mettendo il nostro cuore in Dio, avendo fame e sete di Dio,  e non del mondo! Che è come dire avendo fame e sete di compassione, di verità, di servizio, di amore e non di successo, di potere, di apparire…



Di sicuro i nostri cuori, i nostri affetti, ed i nostri pensieri non sno nè puri nè limpidi, ma traversati da tanti fantasmi. Tuttavia riconoscerli e manifestarli attesta come nella mia anima sta soffiando un’autentica nostalgia di limpidità e purezza… 



Confidare in Dio! Che grande cosa! Ma che significa? Non significa credere che tutto poi andrà bene. Può darsi, è vero, che facendo tutto per amor di Dio, lo si facci con cura e precisione, ma non è che poi tutto vada bene lo stesso! Anche se l’amore di Dio vuole evitarci sofferenze inutili i problemi continueranno a sussistere. Qualche volta potranno essere anche drammatici. Quello tuttavia che va bene è il fatto stesso che la nostra fiducia, abbandono, e consegna a Dio ci sono! Abbiamo posto in Dio tutto il nostro cuore, tutta la nostra fiducia, tutta la nostra speranza, tutto il nostro amore. Questo è quello che va davvero bene, perché questo significa che il nostro unico amore ed interesse sono in Lui… 



Beati voi poveri perché tutto quello che volete avere è Dio, e finché non lo avrete, non avete ancora nulla. Beati voi che piangete, perché piangete interiormente per l’afflizione di non averlo ancora in voi, e per l’afflizione che il mondo è lontano da Lui e non lo conosce. Beati voi poveri che ora soffrite, e piangete: questi sono i desideri più profondi grandi che l’uomo possa mai nutrire, questi sono i desideri a cui Dio risponde! Egli risponde a questi desideri nel luogo più profondo dell’anima: nel fondo dell’anima, lì dove tutto accade, lì dove fiumi d’acqua vita sgorgheranno ….. 



Il giudizio vero di Dio in noi avviene nel fondo dell’anima. Beati coloro che vi si sono preparati!




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