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Comunità OFM Convento Eremo S. Felice - Cologna Veneta (VR)

Eremo San Felice

III Domenica di Pasqua Anno C

2025-05-04 15:16

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Riflessioni,

III Domenica di Pasqua Anno C

4 maggio 2025




At 5,27-32.40-41   Sal 29   Ap 5,11-14   Gv 21,1-19


UN EPILOGO PIENO DI PROMESSE 


Il tempo pasquale che ci accompagna verso la solennità della Pentecoste all’inizio di giugno è ricco di messaggi di fede forti ed impegnativi. In particolare, nella terza domenica di Pasqua quest’anno troviamo l’epilogo del Vangelo di Giovanni. In esso il Risorto si manifesta ai suoi per la terza volta, facendosi presente quasi come profezia di quella sua continuativa presenza che contrassegna il tempo della Chiesa…  


La prima parte del lungo brano di vangelo odierno è specchio della notte della chiesa quando vive l’assenza di Gesù. È sempre notte quando perdiamo, come comunità o come persone, la presenza viva del Signore Risorto fra di noi e dentro di noi… La seconda parte di esso è invece tutta concentrata sul tema dell’amore di Cristo costitutivo dell’identità discepolare, e della vita ecclesiale. 


La notte di pesca dei discepoli è descritta come un momento di prova inconcludente e senza frutto, plastica evidenza di quanto Gesù aveva detto “Senza di me non potete fare nulla” (Gv 15,5), 


Quando Gesù arriva è già l’alba, in ritardo, ma non ancora fuori tempo. I discepoli, stanchi per la confusione, non ci capiscono nulla: cosa devono fare? Gesù ripete il suo comando: tornate in acqua, pescate ancora! Ricominciare? dopo una notte inutile di pesca? C’è però una novità: gettate le reti a destra… la parte destra della barca richiama Ezechiele 47 secondo cui è dal lato destro del tempio che sarebbe scaturito un fiume d’acqua viva. Il lato destro corrisponde anche alla ferita nel costato del Crocifisso. Comprendiamo allora perché si tratterà di una pesca diversa… 


Nonostante non abbiano riconosciuto Gesù i discepoli obbediscono subito: intuiscono, o forse sperano sia Lui! A volte, quando non abbiamo più risorse, siamo quasi costretti a contare solo sulle nostre speranze, ma proprio così intercettiamo quel vento sottile della grazia che, come una corrente ascensionale, gonfia ed eleva in alto le ali della nostra anima… 


Così ai discepoli accadde ciò che accade talora anche a noi quando crediamo alle nostre speranze: riempirono le loro reti, con un’abbondanza tale che il loro successo diviene un peso che non riescono nemmeno a portare! Il primo a comprendere è Giovanni: È il Signore esclama, ma il primo a buttarsi in acqua è Pietro, gli altri seguono trascinando la rete pesante. Quando arrivano però Gesù sta già misteriosamente cuocendo del pesce. Non si capisce dove lo abbia preso. Giovanni vuole probabilmente suggerire che tale pesce è il demonio, sconfitto da Gesù sulla croce.  


L’antico nemico, Satana, Leviatano, era stato ucciso da Cristo sulla croce, però tale vittoria doveva ora espandersi nel mondo attraverso i discepoli che partecipano alla sua stessa pesca…. Siamo al cuore dell’esperienza del Risorto in seno alla Chiesa. Gesù ripete i suoi gesti dà il pane ed il pesce, vuole che i discepoli godano di questi gesti intimi e che sappiano che il suo è l’unico vero cibo, l’unico possibile, ormai! 


La seconda parte del vangelo di oggi riguarda il tema dell’amore. Essa inizia con una domanda molto impegnativa fatta bruscamente da Gesù a Pietro mi ami più di costoro? Come rispondere a questo tipo di domande? Pietro dopo il suo triplice rinnegamento ha imparato a tacere, ha perso ogni illusione su se stesso, e non ha nessuna presunzione né di amare più degli altri, né di essere il migliore! Custodisce però tenacemente nel cuore la speranza di amare davvero Gesù “certo Signore Tu sai che ti amo”. Quando si ama si può solo sperare che l’amato confermi l’onestà con cui viviamo il nostro amore. Da soli, intatti, nessuno di noi può esserne davvero sicuro. Chi ama, conoscendo tutte le fragilità, e i limiti del proprio modo di amare; pertanto, può rispondere solo interrogando l’altro come fa Pietro: “Solo tu puoi sapere se ti amo, dimmelo tu se ti amo. Io non posso dire di non amarti, ma tu sai che ti amo…”  


L’interrogativo severo di Gesù nei confronti di Pietro si ripete tre volte dolorosamente. Il dolore di Pietro è profondo: perché mi stai chiedendo questo? Mi vuoi forse dire che non ti amo? Sa di aver rinnegato Cristo tre volte, ed accoglie ora umilmente questa dolorosa purificazione. Pur pienamente consapevole della sua miseria, non può non confermare il suo amore ma rimette umilmente a Gesù il giudizio: “Tu lo sai…” Tutte e tre le volte Cristo risponde: pasci le mie pecorelle. Gesù quindi, pur chiedendo a Pietro un amore totale, alla fine accoglie l’uomo Pietro con le sue fragilità e limiti lì dove egli realisticamente si trova…! 


Nelle parole di Gesù a Pietro c’è una forte rassicurazione: Nonostante tutta la tua debolezza e fragilità, nonostante la tua incertezza che io conosco, nonostante questo nutri le mie pecore. Anche quello che adesso non sei capace di fare potrai riuscire a farlo quando ti sarà data dall’alto la capacità di amare come io ho amato fin dall’inizio”: 


Il messaggio è molto intenso ed è valido per ogni credente: il Signore accoglie realisticamente Pietro, come ogni altro battezzato, al livello di capacità di credere e di amare in cui si trova, affidandogli così com’è il ministero di nutrire e pascere il gregge.  


Usciamo dalla lettura di questo vangelo con alcune preziose domande:


-Quali sono le nostre notti infruttuose e senza luce? Come le affrontiamo?


-Portiamo davvero la presenza di Gesù Risorto nella nostra vita, o permettiamo che altro, o altri, prendano il suo posto?


-Potremo mai fare davvero qualcosa senza preoccuparci prima di tutto che la presenza di Cristo sia dentro, ed in mezzo a noi?


-Cosa potrebbe voler dire, concretamente per me, accogliere Gesù nella mia barca?


-Gesù chiede anche a me oggi se lo amo veramente. Come mi sento di rispondergli?


-Ed io, a mia volta, cosa gli domanderei?  


Per concludere chiediamo a Lui, in questo tempo di Pasqua, di sollevarci dalla mediocrità in cui ci troviamo, per condurci là dove ora non ce la sentiamo (o non siamo ancora capaci) di andare….



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