11 maggio 2025 LE MIE PECORE ASCOLTANO LA MIA VOCE Siamo al cap.10 di Giovanni, di Gesù Pastore buono. Nei versetti immediatamente precedenti Gesù è assediato dai Giudei che lo sfidano: 24. “Se tu sei il Cristo dillo a noi apertamente!” e Gesù rispose 25. “Ve l’ho detto e non credete; le opere che io compio … queste danno testimonianza di me. 26 Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. 27 Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono...” Il riferimento, attraverso l’esempio dei pastori d’Israele (scribi e farisei…), è a coloro che pretendono essere maestri. Chi ha la pretesa di farlo senza passare per la porta che è la persona stessa di Gesù è un ladro od un brigante- Si tratta, cioè, d’uno “che distrugge” o comunque non opera in modo costruttivo. Questo è vero per i maestri, come per ogni altro tipo di rapporto, ed ovviamente vale per ogni tempo, anche per oggi… 1.) Si è amici solo in relazione di qualcos’altro…, L’insegnamento che ne ricaviamo è che una vera relazione, per essere davvero costruttiva, richiede la mediazione di un valore condiviso, occorre cioè condividere con l’amico un’aspirazione, una fede, un’ideale, un progetto…. In caso contrario, se non c’è “qualcosa” che unisca, ed accomuni, se non ci si sente responsabili insieme all’altro, e con l’altro nei confronti d’un progetto o d’un ideale condiviso non nasce nessuna relazione profonda. Le nostre relazioni divengono vere amicizie quando sono profezia, e segno, d’un’altra relazione fondamentale, quella col Padre. È nell’amore del Padre, del Figlio, e dello Spirito, che due persone riescono davvero a -trovarsi -incontrarsi -comunicare. Anche se forse non ne siamo del tutto consapevoli, o non crediamo, tuttavia è nell’amore del Padre che noi viviamo, amiamo e cresciamo! Un primo insegnamento, dunque, è sulla necessità a radicare e fondare in Cristo, e nel suo amore, ogni nostra relazione col prossimo! 2.) L’interiorità profonda “v.27 Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono”. Il principio della fede è tutto interiore: questo però non significa affatto che si tratti d’una questione soggettiva, legata al carattere, al temperamento, od alla soggettività d’ognuno! Gesù usa spesso espressioni come: “la parola che è in voi” oppure “ciò che è in voi” rimanda, cioè, spesso all’interiorità. Essa non va confusa con la sfera psichica, è molto più profonda e non va banalmente confusa con esso, si tratta inoltre d’una realtà universale che accomuna tutti gli uomini “…ascoltano la mia voce io le conosco ed esse mi seguono…” Saper riconoscere la verità non è una questione soggettiva, ma interiore. L’interiorità risiede e coinvolge livelli molto profondi della coscienza ed è oggettiva ed universale… 3.) Nessuno le rapirà dalla mia mano… (v.28) Nella vita di ognuno accadono tante cose, gli anni scorrono modificando le situazioni, ed ognuno vive esperienze molto diverse. Tuttavia, in questo mutare, qualcosa rimane, e si compie. Gesù qui sta parlando d’una saldezza che è radicata in quella profondità universale che avevamo chiamata interiorità. Insomma, al di là d’ogni traversia, al di là di tutto ciò che può capitare nella nostra biografia vi è un punto profondo, interiore, abissale, che resta non toccato. Anzi tutto ciò che avviene a livello storico – biografico implementa ed è strumento di quella dimensione profonda… Questo equivale a quello che S. Paolo descrive come dimensione irrevocabile della chiamata di Dio: pur rimanendo completamente libero, tuttavia, vi è nell’uomo qualcosa d’irrevocabile che non può essere cambiato. Un esempio nel Primo Testamento è Giona: inviato a predicare a Ninive si diresse immediatamente dalla parte opposta, trovandosi però alla fine risputato sulla spiaggia davanti a Ninive! Per dire come la chiamata di Dio sia irrevocabile: siamo liberi di rifiutarla, negarla, ribellarci, ma essa rimane! Siamo liberi di fare altro, ma alla fine la nave affonda, si è inghiottiti da un pesce, e risputati esattamente da dove si era fuggiti! Anche noi, magari da anziani, rileggendo la nostra vita, scopriremo che molti eventi o vicende di essa, più o meno serene, dolorose o drammatiche, furono tutte ordinate attorno al punto centrale del piano di Dio. Non è facile scoprirlo né ammetterlo, ma se siamo onesti con noi stessi vediamo che nella nostra vita c’è una scia luminosa che resta accesa! Tante cose aneddoticamente si susseguono, passano, si trasformano, ma un punto rimane, luminoso, e traccia nella nostra vita una scia continua, un solco profondo… 4.) Intolleranza e distruttività: il pensiero autoreferenziale Gli ascoltatori di Gesù si scandalizzano, sentono come una bestemmia la sua affermazione che “Io e il Padre siamo una cosa sola…” (v.30) sulle loro mani fioriscono i sassi per lapidare Gesù che ribatte (v.32) “Per quale opera buona mi lapidate?” Da Lui hanno visto solo opere buone, mai hanno opere cattive! Il fatto è che a questi ascoltatori questo non interessa per nulla! Essi sono e restano sordi: secondo loro Gesù ha bestemmiato! Anche a noi capita così: vediamo le cose buone che fanno gli altri, ma se e quando qualcosa non entra nei nostri schemi (filtri mentali) subito siamo estraiamo le pietre dei nostri giudizi e lapidiamo (con le parole) tutto ciò e tutti coloro che non rientrano nei nostri schemi mentali e da cui, per questo motivo, ci sentiamo minacciati! Tante tragedie umane (famigliari, personali, internazionali) nascono a partire da queste spinte distruttive. Appena abbiamo l’impressione che qualcosa (o qualcuno) possa guastare o compromette il nostro mondo o la nostra vita, subito, scatta in noi il desiderio di distruggerlo! 5.) Smascherare l’ipocrisia! Ipocrisia è quella rigidità mentale con cui vogliamo credere che le cose stiano veramente così come pensiamo noi! La nostra rigidità mentale, e la nostra autoreferenzialità ci rendono difficile aprirci al modo di vedere altrui. Un altro potrebbe fare anche miracoli, che nemmeno ce ne accorgiamo! Anzi riteniamo sia bene distruggere in anticipo tutti coloro che sentiamo come minacciosi (che sentiamo, cioè, che potrebbe anche distruggerci). Sintesi finale 1.) Costruire e fondare le relazioni nell’amore di Cristo, e nel suo cuore. Questo va fatto con grande modestia, e riservatezza, quasi nascondimento. Vivere le nostre relazioni (amicizie, affetti, rapporti lavorativi ed umani) radicandoli nella presenza ed amore di Cristo, li trasforma radicalmente… 2.) La vita interiore. Prenderci cura di noi stessi, dei nostri pensieri, affetti, sentimenti, del nostro silenzio interiore, significa prendersi cura di quello spazio umano in cui non solo si radica in noi la presenza di Cristo, ma si attua anche la continuità e stabilità della nostra vita come mistero in Dio. 3.) Un terzo punto ci ha parlato di come le nostre radici siano importanti. Esse sono un punto profondo, un’isola (nel linguaggio usato in questi giorni) in cui la chiamata di Dio si fa irrevocabile in noi. Radichiamoci davvero con fiducia nella nostra storia umana personale! 4.) Giovanni 10 invita a superare ogni spinta distruttiva in noi. Le nostre distruttività sono espressione d’una aggressività difensiva volta ad evitare il rischio d’essere noi stessi distrutti! Il superamento della paura d’essere distrutti ci apre ad una mente-cuore relazionali nell’amore-carità. 5.) Occorre infine superare quell’ipocrisia orgogliosa che ci porta ad essere rigidamente convinti che le cose stiano sempre proprio come noi crediamo (o spesso temiamo) che siano!
At 13,14.43-52 Sal 99 Ap 7,9.14-17 Gv 10,27-30